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12 x 12


Nurant, ottobre 2018



12 x 12 è un volume speciale realizzato dalla rivista d’illustrazione Nurant e dedicato alla moda degli ultimi 120 anni. Ogni decennio è stato interpretato da 4 artisti attraverso le illustrazioni e il risultato è diventato una mostra e un catalogo, questo.

A me è stato chiesto di scrivere un piccolo saggio che accompagnasse il decennio 1980-1990, raccontato dalle illustrazioni di Massimo Giacon, Marta Iorio, Naki e Marianna Tomaselli.



direttore responsabile Federico Caruso
redazione • Sonia Mion, Nicola Iannibello, Federico Caruso, Sergio Caruso
art direction & progetto grafico VZNstudio hanno collaborato • Nicola Committo, Daniela Marchitto, Sara Perlini Benucci, Alice Brunello Luise, Paolo Salerno, Davide Rocco Capalbo, Marco Calini, Simone Sbarbati, Pasquale La Forgia, Chiara Carluccio




1980 – 1990


Nel mio album di famiglia c'è una foto scattata da mio padre in una giornata di primavera del 1982 all'Italia in Miniatura di Rimini. Sembra un'opera di Martin Parr, anche se all'epoca Parr non lo conosceva ancora nessuno, men che meno mio padre. Nell'immagine si vedono acconciature cotonate e chiome selvagge, occhialoni e Wayfarer, zoccoli e stringate da donna.

Ci sono già tutti gli elementi dell'estetica che, col senno di poi, abbiamo etichettato come “anni '80”, ma nel complesso l'atmosfera è ancora quella del decennio precedente. Secondo la teoria della relatività di Einstein lo spazio e il tempo non sono uniformi, ma vengono influenzati dal luogo, dalla velocità, dalla gravità, dal contesto.
Il grande fisico tedesco non si riferiva sicuramente alle mode ma, idealmente, la sua teoria si applica perfettamente anche all'evoluzione delle tendenze nel modo di vestire, acconciarsi e truccarsi.

Gli stili che un osservatore poteva trovare passeggiando per le strade di Londra all'inizio dell'era Thatcher non erano sicuramente gli stessi che si vedevano per le vie di una cittadina italiana di provincia. In vacanza, nei musei, ai pranzi delle cresime e dei matrimoni le foto, già un po' ingiallite, mostrano una bizzarra fusione tra le estetiche di due decenni, e talvolta sembra di sembra di assistere alla simulazione di una potenziale convivenza tra popoli di pianeti differenti. A dirla tutta, gli anni '80 nella loro totalità potrebbero essere letti come la simulazione di una convivenza impossibile tra culture e sottoculture che esplodono e si espandono, irradiando in maniera irregolare il loro messaggio e i loro codici estetici e culturali dai grandi centri come Londra, Parigi, Milano, New York e Tokyo. Ma anche Manchester, culla della new wave e della club culture, Detroit e la techno, Chicago e la musica house, o Anversa, dove i cosiddetti “Antwerp Six”, insieme a Martin Margiela, cominciano la loro opera di ridefinizione della moda che verrà portata a compimento nel decennio successivo. Sulle passerelle parigine il “Power dressing”, coi suoi tailleur da donna in carriera, convive con la rivoluzione portata dai designer giapponesi, con Yamamoto, Kawakubo e Miyake che giocano a cancellare le forme del corpo e dare nuove definizioni del concetto di bellezza. 

A Milano i completi di Armani, deflagrati nel mondo conservatore della moda maschile con la forza di una bomba atomica, e resi celebri anche da un film-simbolo che ha aperto il decennio, American Gigolò, con Richard Gere, incrociano per strada i paninari con le loro Timberland, i piumini Moncler e Ciesse, le felpe Best Company, mentre nella casa di Sottsass si celebra la nascita del movimento Memphis, la cui influenza si allargherà ben oltre i confini del design. Se il semiologo russo Jurij Lotman parla della moda come di “una specie di metronomo dello sviluppo culturale”, negli anni '80 il metronomo comincia a impazzire.

Più di quanto sia accaduto fino ad allora, quello che si chiude con il 1990 è il decennio in cui i vestiti non sono soltanto qualcosa da indossare ma lo specchio dell'identità di chi li indossa. Il punk, l'Oi!, la new wave, la no wave newyorkese, l'hip-hop, il cyberpunk, la musica elettronica, la Italo Disco, l'esplosione della musica pop, la skate culture, le fantasie di Naj Oleari, le sperimentazioni tessili di Massimo Osti, la tv commerciale e i nuovi linguaggi pubblicitari, la prima, grande generazione di stilisti del Made in Italy (il già citato Armani, e poi Ferré, Versace, Krizia, Moschino, Missoni, Fendi, Coveri, Biagiotti), le supermodelle, la trasformazione della moda in industria, la costruzione degli immaginari attraverso la fotografia (Helmut Newton, Guy Bourdin, Richard Avedon, Aldo Fallai, Ferdinando Scianna, Oliviero Toscani), la capacità dei brand di trascendere il prodotto: gli anni '80 sono spesso definiti come la decade del narcisismo, dell'egoismo, della superficialità, della cultura del corpo, ma forse dovremmo cominciare a considerarli come il decennio della complessità, la vera culla del presente in cui siamo immersi.













































© 2022 Simone Sbarbati Il ritratto illustrato è di Marco Goran Romano