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Firenze Fashion Atlas


Marsilio, 2014



Progetto del Centro di Firenze per la Moda Italiana e di Pitti Immagine, e curato da Maria Luisa Frisa, il libro è un vero e proprio atlante della storia e della geografia della moda a Firenze.

Il testo che mi è stato commissionato parla della scena indipendente contemporanea.



a cura di • Maria Lusa Frisa
book design • Alessandro Gori






Firenze e le nuove traiettorie indipendenti del fashion design


Le nuove generazioni hanno imparato a conoscere il mondo per livelli sovrapposti. Attraverso le mappe online la tecnologia ha trasformato la percezione dello spazio, da quello più familiare, che inizia dal segnaposto rosso di Google Maps o dal puntino azzurro e lampeggiante sopra uno smartphone — “io sono qui” — fino ad arrivare al più esotico, lontano svariati colpi di mouse.
Una città, oggi, è non più soltanto una città, ma un infinito alternarsi di layers, di livelli. Città fatte a strati, indipendenti gli uni dagli altri (e spesso sconosciuti gli uni agli altri), che condividono sì uno stesso stradario e gli stessi nodi di transito — di solito coincidenti con i cosiddetti nonluoghi, come le stazioni e gli aeroporti — ma personalizzati in base a gusti, scene, culture e reti di amicizie.

Dall'alto, dall'ormai rassicurante punto di vista dell'occhio dal cielo che tutto vede, le traiettorie di chi una città la vive sembrano rotte condivise. Ma si tratta solo di un'illusione: basta scendere a livello della strada, guadagnare la giusta prospettiva, la tridimensionalità, per accorgersi di stare su tracciati che, se anche s'intrecciano, raramente si toccano davvero.
Non che finora le cose siano andate in maniera così differente. Non ha mai avuto molto senso dire “vado a Firenze”, “vado a Parigi” o “vado a New York” — quale Firenze? quale Parigi o New York?
In un'epoca come la nostra, fatta di percorsi tagliati su misura quasi fossero opera di una sarto del livello di Antonio Liverano, ha ancora meno senso dato che è la stessa cartografia (e non solo quella digitale, vedi il successo di un'iniziativa nata dal basse come USE-IT, presente in tutta Europa, che offre cartine gratuite e autoprodotte pensate per giovani viaggiatori vagamente hipster) a stratificarsi in mille mappe l'una sopra l'altra: c'è la mappa per gli appassionati di architettura classica, quella per chi ama l'architettura moderna, quella per chi segue la cucina tipica e quella per chi invece vuole sperimentare nuovi sapori...

Come orientarsi, dunque, in una città come Firenze in cui convivono svariate anime, da quella da cartolina a quella più indipendente, le une talvolta invisibili alle altre?
Anche circoscrivendo l'area di interesse a un solo ambito — nel nostro caso la moda — c'è la Firenze grande capitale del fashion e c'è la Firenze delle nuove realtà emergenti, quella delle vetrine del centro e quella dei piccoli atelier nascosti dietro a un semplice nome sul campanello di un palazzo. La Firenze delle botteghe artigiane e (allargando l'occhio di Google alla provincia) del distretto conciario celebre in tutto il mondo, e la Firenze in cui si sperimentano le nuove tecnologie di produzione nei laboratori delle università e nei FabLab.
Firenze però, a differenza di altri centri urbani dove le complesse stratigrafie della storia e della contemporaneità a malapena si intersecano, ha due grandi vantaggi: il primo è la stessa geografia urbana, che avvolge e abbraccia invece di respingere e disperdere; il secondo si chiama Pitti Immagine, che da decenni attrae in città marchi, compratori, giornalisti da tutto il mondo e contribuisce nel frattempo a lanciare nel mondo le eccellenze fiorentine.

Oggi, mentre la fiera si apre al futuro e si smaterializza in rete grazie alla visione anticipatrice di FieraDigitale ed e-Pitti, prolungandosi prima e dopo l'evento-fiera anche sulle riviste online, la moda fiorentina vive sempre più oltre i confini di Pitti Immagine e si mescola con l'intero moto dinamico della città, attraverso eventi e presentazioni, atelier aperti al pubblico e alchimie tra varie realtà locali, diventando — per usare il lessico astronomico  un “grande attrattore”, il centro attorno al quale girano diverse galassie, magari senza mai incrociare il nucleo ma che comunque esistono e si sviluppano in funzione di esso.
I fashion designer della scena indipendente fiorentina sanno benissimo che Pitti Immagine è un'opportunità da utilizzare in base al proprio linguaggio estetico, alle proprie strategie di comunicazione, alle proprie possibilità e al target che si vuole raggiungere. Non è indispensabile stare al Pitti per essere al Pitti, perché sempre di più sarà l'intera città a diventare vetrina: il futuro della Firenze della moda non sarà trasformarsi in una fashion week istituzionale e codificata ma in una molteplicità di reti, ciascuna capace di trascinare a sé il proprio peculiare pubblico, mettendo assieme eventi, marchi e luoghi affini per spirito, stile e background.

Qualcuno che ha avuto la lungimiranza di iniziare a fare rete in effetti c'è già: un gruppo di commercianti, a capo di negozi più o meno conosciuti, ha deciso di collaborare e realizzare una vera e propria mappa dello shopping “insolito”, con tanto di blog, pagina Facebook e profilo Instagram, che raccontano le varie realtà coinvolte, segnalano gli eventi organizzati singolarmente o in gruppo e addirittura producono contenuti originali, come editoriali di moda frutto della collaborazione tra store e designer.
L'iniziativa si chiama Unusual Florence e riunisce nuove concept store come Bjørk Florence e negozi già affermati come Boutique Natine e Gerard, l'atelier di un giovane fashion designer (che però vende anche oggetti di design) come Michele Chiocciolini e un “negozio di occhiali felicemente indipendente” aperto da fratello e sorella: I Visionari.
E ancora: l'abbigliamento per bambini di Cup of Milk, la ricerca d'antiquariato e abbigliamento vintage di Ceri Vintage and Factory, un archivio di libri e riviste di arti visive dove si può pure andare a prendere il tè (Magaza), una libreria con cucina (Brac), una tramezzineria dove acquistare anche arredi e accessori per la tavola anni cinquanta (Amblé), un caffè che piace ai vegani (Le Vespe Cafe), una storica macelleria (Antica Macelleria Falorni), una galleria d'arte che spesso e volentieri mette l'arte contemporanea in comunicazione con la moda e il design (Aria Art Gallery), una profumeria che crea fragranze rare (Aquaflor), uno studio di design e calligrafia che vende oggetti e mobili vintage (And Company) e per chi viene da fuori persino un ostello (Ostello Tasso).
Una rete che si trasforma in una sorta di itinerario ideale per i fashion designer che in città vivono, lavorano e spesso producono, dando in questo modo senso alle etichette made in Italy, riuscendo grazie al web e alla vetrina-Firenze a conquistare l'attenzione di stampa e buyer di tutto il mondo.

Tra i finalisti della prossima edizione di “Who is on Next? Uomo”, il concorso nato dalla collaborazione tra Pitti Immagine, Altaroma e Vogue, ci sono ben due marchi fiorentini: Studiopretzel di Emiliano Laszlo, con il suo stile d'ispirazione giapponese, le linee morbide e i tessuti resistenti provenienti dal mondo del workwear, e Jimi Roos, con le sue ironiche illustrazioni ricamate con il cosiddetto “punto rovesciato sbagliato”.
Nel 2013 invece “Who is on Next?” l'hanno vinto i ragazzi di Super Duper Hats con i loro cappelli ispirati agli hoboes, i vagabondi americani che nel primo Novento giravano il paese saltando sui reni e vivendo d'espedienti. Marchio, questo, che ha un “gemello” più street: Super D.
Sullo streetwear punta anche Silvia Di Grazia, che ha studiato al Polimoda e nel 2009 ha lanciato il suo marchio On and On.
Arrivano dal Polimoda pure Daniela Fiorilli — che, dopo aver lavorato nel settore per diversi anni in qualità di consulente stilistico, nel 2012 ha fondato Guen e con le sue collezioni guarda al Giappone e gioca sui volumi e su tagli non convenzionali — ed Eleonora Bruno, già corteggiata dalle riviste di tutto il mondo per i suoi eccentrici ed eccessivi cappelli.
Per quanto riguarda la maglieria la punta di diamante è rappresentata da Boboutic, duo formato da Michael Bergamo e Cristina Zamagni, salentino lui e riminese lei, fiorentini d'adozione e capaci di unire qualità artigianale, portabilità e sperimentazione e di condurre la loro visione ai più alti livelli.
Tra gli “sperimentatori” c'è il giovane Andrea Cammarosano, che è triestino, ha studiato ad Anversa, ha fatto da assistente al grande Walter Van Beirendonck, ha lavorato a Iceberg e nel 2010 ha aperto il suo marchio a Firenze.
Largo poi alle sneakers con D.A.T.E. e Springa, realizzate da quest'ultimo recuperando vecchie T-shirt, abiti, camicie hawaiane, giacche in pelle e persino maglioni in cachemire, attraverso un processo interamente manuale.
Sceglie la pelle Benedetta Moruzzi, designer di Blessed, che realizza T-shirt e abiti d'ispirazione hippy.

Ma — a proposito di Firenze e di Pitti come grandi attrattori — c'è anche chi nella scena locale è entrato arrivando da lontano, come Haruki Ikeda che dal Giappone ha scelto Firenze per aprire il suo negozio di articoli artigianali in pelle e lanciare il suo marchio One Over One 1/1.





© 2022 Simone Sbarbati Il ritratto illustrato è di Marco Goran Romano